Le poche competenze digitali frenano la trasformazione digitale italiana
14/12/2017

La trasformazione digitale sta velocemente cambiando la fisionomia delle competenze necessarie ad aziende, pubbliche amministrazioni e cittadini per restare al passo con la globalizzazione, ma la mancanza di consapevolezza rischia di lasciare sul campo molte PMI inconsapevoli.

Manca un mercato del lavoro “modernizzato” per questo, manca un sistema della formazione capace di stare al passo con le professionalità richieste e manca, infine, una consapevolezza soprattutto dei piccoli imprenditori sulle trasformazioni in atto e l’urgenza di coglierne tutte le opportunità anziché farsi travolgere dalle stesse.

È quanto emerge dal convegno organizzato il 12 dicembre presso l’Università Bicocca di Milano in cui le principali associazioni ICT (AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter) hanno preso spunto dagli aggiornamenti dell’Osservatorio delle Competenze Digitali per lanciare alcuni messaggi al mondo pubblico e imprenditoriale.

Il tema è quello delle competenze digitali, che oggi sono l’asset strategico per abilitare tutte le potenzialità della trasformazione digitale. Dall’analisi delle offerte di lavoro via web emerge infatti il divario fra quanto cercano le aziende e la preparazione professionale di quanti sono in cerca di occupazione.

competenze digitali

Tanto che se andiamo avanti così il sistema educativo rischia di preparare solo dei disoccupati. Le offerte di lavoro relative alle nuove professioni digitali emergenti sono cresciute da febbraio 2013 ad aprile 2017 a ritmi del +280% e i big 6 oggi più ricercati sono Data Scientist, Cloud Computing, CyberSecurity Expert, Business Intelligence Analyst, Big Data Analyst e Social Media Marketing.

Ma anche nelle professioni non strettamente tecnologiche sale la componente di competenze legate al digitale soprattutto nelle aree HR, Contabilità e Marketing. L’altro lato della medaglia riguarda le competenze in area business e le soft skills, che diventano sempre più ricercate in abbinamento con i profili digitali e, su questo punto, il divario cresce ancora.

Nel 2018 i paradigmi che guideranno il cambiamento nelle imprese, in crescita rispetto agli anni precedenti, saranno il mobile (67%), le attività di intelligence e analytics sui Big Data (61%), la Cyber Security (61%), l’Internet of Things (52%) e, trasversale a tutti i precedenti, il paradigma del cloud computing.

Nel tessuto produttivo italiano una delle più forti criticità è culturale e legata alle piccole imprese. Molte aziende non sanno infatti decodificare le nuove competenze necessarie, molte altre non avrebbero comunque le risorse economiche per attrarle e per assumerle e, ancor più a monte, manca una consapevolezza imprenditoriale della strategicità del fattore digitale.

Se Industria 4.0 si è focalizzata sull’implementazione delle tecnologie abilitanti, l’Industria 5.0 si estende ed abbraccia le problematiche socio-ecologiche.

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