Competence Center, 40 milioni ai poli di innovazione
23/01/2018
COmpetence center finanziamenti Mise

Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto su modalità di costituzione e di finanziamento dei Competence center in Italia, giunge anche la gradita notizia di un aumento delle risorse destinate alla loro costituzione, che salgono da 30 a 40 milioni di euro. Partiranno quindi a breve le selezioni delle università e delle imprese partner, accompagnate dal bando di gara del Ministero dello Sviluppo economico per individuare con procedura negoziale i poli pubblico-privati beneficiari.

Ai Competence Center selezionati saranno assegnati fondi pubblici per un massimo teorico di 7,6 milioni ciascuno, come contributi diretti alla spesa. Il 65% del finanziamento sarà destinato a costituzione e avvio dell’attività, il 35% ai progetti (per un importo massimo di 200 mila euro). I 40 milioni di dote complessiva dovrebbero portare alla creazione di 6-8 centri in tutta Italia. Tra i candidati vi sono i tre Politecnici di Milano, Torino e Bari, l’università di Bologna, il Sant’Anna di Pisa (in partnership con la Normale), l’università di Genova, la Federico II di Napoli e la rete degli atenei veneti guidati da Padova.

Tre sono i compiti principali dei Competence Center: orientamento delle imprese, soprattutto le pmi, sui temi della trasformazione digitale dell’industria; formazione in aula, sulla linea produttiva e su applicazioni reali; attuazione di progetti di innovazione e ricerca proposti dalle imprese, e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico in ambito Industria 4.0.

I centri ad alta specializzazione dovranno essere costituiti da un contratto che riporta attività e obiettivo strategici del centro, le entità coinvolte e i tempi dei conferimenti, il divieto di ripartizione degli utili e la previsione di un organo comune che in rappresentanza delle imprese partner agirà per alcune procedure, quali l’accesso a garanzia sul credito o a strumenti per internazionalizzazione.

partenariati pubblico privati

Nel decreto vengono inoltre fissati i requisiti richiesti ai partner, pubblici e privati. Atenei e centri di ricerca dovranno dimostrare di aver conseguito performance elevate nelle valutazioni effettuate dall’Anvur. Le università dovranno impiegare almeno al 70% personale e risorse facenti parte dei migliori dipartimenti universitari Italiani, indicati da uno speciale indicatore Ispd. I fondi verranno inoltre erogati in base a un punteggio che valuterà solidità economica e scientifica dei partner e del programma. Per università e centri di ricerca verranno per questo considerati il numero di progetti di industry 4.0 già avviati, di trasferimento tecnologico alle PMI e i bandi vinti in Italia ed Europa sugli stessi temi. Brevetti e dimensioni del fatturato delle aziende nei tre anni precedenti costituiranno criterio di merito per le aziende.

Il decreto stabilisce infine che i progetti di ricerca applicata presentati dalle imprese dovranno dimostrare un livello di maturità tecnologica medio alto (da 5 a 8) sulla scala Trl (Technology readiness level), adottata anche nell’ambito dei bandi UE Horizon 2020.

Se Industria 4.0 si è focalizzata sull’implementazione delle tecnologie abilitanti, l’Industria 5.0 si estende ed abbraccia le problematiche socio-ecologiche.

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