Robotica collaborativa e bio robotica nel futuro potranno svolgere un ruolo decisivo per prevenire gli infortuni e incrementare la sicurezza sui posto di lavoro, come spiega Paolo Dario, professore emerito della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore scientifico del Competence Center Artes 4.0 in un redente podcast pubblicato da Inail.
“Si tratta di una vera rivoluzione cui non molti hanno prestato attenzione – esordisce Dario -: il fatto che solo fino a 10 anni fa i robot dovessero vivere all’interno di gabbie, li rendeva quasi inutilizzabili per applicazioni che non fossero industriali o in ambienti remoti. Oggi i robot possono toccare le persone, e questo cambia completamente il paradigma, perché significa che i robot possono diventare collaboratori degli esseri umani sia per ridurre o alleviare certi affaticamenti o sollevarli da compiti sgradevoli e gravosi, ma anche per vigilare su certi comportamenti“.
A parlare sono infatti i dati, che indicano chiaramente come spesso gli incidenti sul lavoro, così come quelli stradali, siano da ricondurre a distrazione. “Il robot, o un sistema indossabile, in questo senso funge da vero e proprio angelo custode, che ci sta vicino e ci sorveglia in modo benevolo – prosegue Dario -, avvisandoci se adottiamo un comportamento sbagliato. Oltre a fare questo, il robot potrebbe poi svolgere una serie di operazioni che a noi risultano sgradevoli. Anche lasciando per esempio un robot a casa dicendogli di rifare il letto, pulire il bagno o lavare i piatti, il che non richiede una grande intelligenza al robot, se non la capacità di svolgere questi compiti”.
Ci si chiede quindi quali saranno le tempistiche affinché queste prospettive possano divenire realtà, e quali i costi tecnologici correlati.
“La fantascienza prevede che questo sia fattibile entro il 2035 – dice quindi il professore -, ma secondo me non saremo lontani. Altre previsioni parlano invece del 2050. Non si parla comunque di mille anni. L’obiettivo, in termini di capacità di produrre, poiché il costo è strettamente legato al settore manifatturiero, può comportare un costo pari a quello di un automobile. Nessuno pensa che il costo possa essere più di 30, 40 o 20 mila euro, ci saranno poi varie versioni, da quella più economica e quella più sofisticata. Conterà poi anche il tema del Pay per use, che introduce anche opzioni di un utilizzo parziale. Ma al di là di questo, si tratta di qualcosa che il contesto sta rendendo possibile: intanto, parlando di intelligenza, non è detto che questi robot debbano averla tutta concentrata nella testa. Così come noi per trovare un’informazione andiamo su Google o facciamo ricorso a un’app, così anche i robot possono fare lo stesso cercando quel che serve loro. Si riduce così anche la complessità, e così il costo”.
Il robot non vive difatti in un suo universo isolato dall’esterno, ma si muove in un sistema che progredisce, il che fa sì che costo e modalità potrebbero non differire dal noleggio di un’automobile. L’Inail figura quindi tra i partner pubblici dei Centri di competenza ad alta specializzazione riconosciuti dal Ministero per lo sviluppo economico, oggi Mimit, per lo sviluppo e il trasferimento al mondo produttivo delle opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale. Il che rispecchia una trasformazione avvenuta nell’ente stesso, come rileva in conclusione Dario.
“Rispetto a questa sinergia, credo che l’Inail sia cambiata moltissimo in questi decenni, e il mio pensiero in tal senso è molto positivo in quanto sta svolgendo un ruolo di pioniere di fatto nello sviluppo di soluzioni per il benessere e la salute dei lavoratori, riducendo gli infortuni sui luoghi di lavoro. Quello che ora si prepara a fare è di fungere da promotore del passaggio di molte di queste tecnologie verso il mercato. Un mercato che presenta due connotazioni, la prima che è l’utilizzo da parte delle aziende e il mondo del lavoro. La seconda è la produzione, ovvero trasformare molte di queste idee in occasioni industriali, creando posti di lavoro. Pertanto, tutelare i lavoratori e allo stesso tempo aiutare il Paese e il sistema di ricerca creato in questi decenni, e che anche l’Inail ha sostenuto, a diventare anche fonte di reddito”.