Italia 4.0 2020

L’eticità degli algoritmi Affinare, rinfrescare, potenziare e in alcuni casi, persino sovvertire le compe- tenze è un tema su cui Dayana Mejias Roman ha parecchia dimestichezza: “in quanto Professional Affiliate nella Scuo- la di Studi Superiori Sant’Anna di Pisa ed esperta in negoziazioni commerciali complesse e gestione dei conflitti orga- nizzativi – spiega infatti – vengo chiama dalle aziende a prestare la mia consu- lenza, nel momento in cui si individui una difficoltà nell’attuazione di un pro- getto 4.0. Il mio compito è quello di ac- compagnare il cambiamento all’interno della struttura, e di capire (e quanto più possibile ridurre e circoscrivere) l’impat- to dell’innovazione sull’organizzazione e sui lavoratori”. Quindi anche per lei fare re-skilling e aggiornamento delle competenze è un fattore prioritario, che sta alla base della ristrutturazione del patto tra lavoratori e datori di lavoro. “Nell’ambito dell’industria 4.0, l’ltalia ha numeri interessanti ed è ben posiziona- ta in termini di generazione di innova- zione, più lacunosa è, invece, per quan- to attiene ai percorsi di accompagna- mento alle competenze. Specialmente in relazione al gender gap” – sottolinea Dayana. Se poi ci focalizziamo sulle tec- nologie abilitanti come l’AI, vedremo con immediatezza che la partecipazione femminile, è decisamente minoritaria. “Come ci rivela, per esempio, una re- cente ricerca di Nesta le ricerche relati- ve all’AI, svolte da donne ammontano a poco più del 13%. E questo è un da- to grave, che ci porta a riflettere su una questione fondamentale, ovvero sulla tipologia e sulla qualità etica degli al- goritmi che, oggi come oggi, vengono sviluppati”. È proprio questo il punto: in che modo la tecnologia futura potrà soddisfare una popolazione diversifi- cata se l’innovazione si origina solo su algoritmi decisionali legati al genere e quindi su una visione gender center? “Negli esseri umani sono stati individua- ti un centinaio di euristiche decisionali: per tutelare una visione paritaria, senza pregiudizi di genere, si deve lavorare su tutti, dando spazio al più ampio spettro possibile di caratterizzazioni e superan- do quelle strettamente legate al gene- re”. Una questione statistica e metodo- logica, quindi. “Certo. Ma gli algoritmi non sono tutto: serve anche rimuovere i freni che impediscono alle donne di prendere iniziative, fornendo nuovi stimoli fin dall’infanzia. E adoperarsi a promuovere, anche con finanziamenti ad hoc, le start up femminili. Tenendo come stella polare un principio: l’obiet- tivo non è mettersi in competizione con gli uomini, ma costruire una realtà più equilibrata”. @carmelaignaccol

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