Italia 4.0 2020

29 ITALIA 4.0 2020 Darya Majidi è founder, owner e CEO di Daxo Group : “Le donne devono prendersi le loro responsabilità. Purtroppo, molte non hanno ancora capito l’importanza della rivoluzione digitale in corso e la necessità di un reskill per proporsi sul mercato in modo più adeguato.” Lorna Vatta è direttrice esecutiva di Artes 4.0 : “Il digitale oggi è spesso visto come una barriera e, in quanto tale, spaventa, ingenerando, anche nelle giovanissime, stereotipi pregiudiziali come: ‘non sono in grado’, ‘la tecnologia non fa per me’, ‘non capisco la matematica’”. Dayana Mejias Roman è Professional Affiliate nella Scuola di Studi Superiori Sant’Anna di Pisa ed esperta in negoziazioni commerciali complesse e gestione dei conflitti organizzativi in The European House Ambrosetti: “In che modo la tecnologia futura potrà soddisfare una popolazione diversificata se l’innovazione si origina solo su algoritmi decisionali legati al genere e quindi su una visione gender center?” LE PROTAGONISTE Nord America, l’Italia, si colloca parec- chio in basso: al 19° posto sui 22 paesi in lizza. Un posizionamento che a livel- lo globale si tramuta in un 76° posto. Stereotipi e mondo del lavoro La riluttanza ad aprire senza pregiudi- zi il mondo del lavoro, così da abbat- tere tendenzialmente il gender gap, è una prerogativa diffusa su scala globa- le, anche se in misura diversa da Paese a Paese. Secondo GGGR 2020, infatti, a livello internazionale si registra una forte difficoltà ad instaurare tra uomi- ni e donne una partecipazione parita- ria ai ruoli ‘del futuro’: le donne con- tinuano ad essere sottorappresentate nelle professioni che richiedono skill disruptive, ovvero competenze tecni- che associate allo sviluppo di nuove tecnologie come l’intelligenza artifi- ciale, il machine learning, la robotica o l’ingegneria genetica. Per l’universo in rosa, si confermano ancora appannaggio precipuo i soft skill, cioè competenze più trasversali e quindi meno cogenti rispetto alla spin- ta innovativa innescata dalle tecnolo- gie abilitanti nei vari ambiti del quoti- diano: dall’industria 4.0 alla mobilità, per arrivare alla sanità o all’istruzione. Stando al rapporto, per esempio, emerge che in un settore professiona- le come quello del ‘Cloud Computing’ la componente maschile è coinvolta all’ 88%, mentre quella femminile si li- mita a un ridottissimo 12%. Né va mol- to meglio se si esamina il cluster iden- tificato nel GGGR come ‘Data e AI’ che conta su una quota del 74% di uomini contro un 26% di donne. Situazione diametralmente opposta, invece, per l’ambito professionale ‘Pe- ople e culture’ (un campo tradiziona- le, basato su soft skill, e per nulla di- sruptive) dove netta è la predominan- za femminile: 65%. Se da queste considerazioni macro, scendiamo a una disamina relativa al nostro Paese, vedremo che le cose non vanno molto meglio: solo un 17% di donne, infatti, risulta attivo in ambi- to ‘Cloud Computing’, un 19% in ‘En- gineering’ e un 31% nel cluster ‘Data e AI’, mentre sale poderosamente al 68% la partecipazione professionale in ambiti più umanistici. Va da sé, dunque: è un problema di competenze. La differenza di genere penalizza un’equa distribuzione dei saperi. E le sperequazioni non sono mai sane: generano a loro volta squilibri e disor- dini. Di carattere economico, sociale ed etico. E minano le basi di una socie- tà futura. Ma perché per le donne è più difficile? E - soprattutto – è sempre difficile? E lo è per tutte? Visto che si tratta di un tema caldo e foriero di risvolti ‘pesanti’ nel mondo dell’industria 4.0 lo abbiamo voluto affrontare con tre protagoniste che, avendo avuto modo, ciascuna nel pro- prio campo, di constatare le criticità effettive, hanno ben chiaro il tenore e la complessità della questione. Questione di competenze “La negazione del problema è il pri- mo sintomo”: non usa eufemismi né giri di parole Darya Majidi. “Ogni qualvolta qualcuno tenta di sminui- re la questione del gender gap, ripa- randosi dietro il comodo paravento del: ‘Di cosa parliamo? Le donne in gamba ce la fanno’, abbiamo la pro- va provata che si tratti di un proble- ma è reale e concreto. Perché a rigore dovrebbero farcela tutte”. Darya, lei, è una di quelle che ce l’hanno fatta: nata a Teheran, da papà iraniano, formazione scientifica, laurea in in- formatica e spirito imprenditoriale, nel 1996 dà vita a Synapsis, la prima azienda che porta il web nella sanità italiana e che proietta Darya, ancora trentenne, in contesti scientifici inter- nazionali. Fondatrice dell’azienda di consulenza strategica in ottica Digital Transformation e formazione execu- tive Daxo Group, dell’incubatore Da- xolab e della Community Donne 4.0 è stata di recente annoverata da D di repubblica tra le 100 donne che stan- no cambiando il mondo. E di fatto lei il mondo vuole cambiarlo, andan- do oltre i pregiudizi di genere, come sottolinea nel nuovo libro ‘Sorellanza Digitale’. “Le donne devono prender- si le loro responsabilità. Purtroppo, molte non hanno ancora capito l’im- portanza della rivoluzione digitale in corso e la necessità di un upskill e reskill per proporsi sul mercato in modo più adeguato.” E a volte quel- lo che manca è il coraggio: “Molte

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